Pur essendo ancora poco noto (meno del 10% lo conosce bene e il 35% ne ha sentito vagamente parlare), possiede caratteristiche che la grande maggioranza dei giovani considera importanti: consente infatti di esprimere valori di solidarietà e arricchisce il proprio saper essere e saper fare con competenze spendibili anche nel mondo del lavoro (aspetto cruciale per il 95% degli intervistati).
E’ quanto emerge dalla ricerca «Partecipazione sociale dei giovani e servizio civile universale», promossa dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e presentata lo scorso 16 gennaio a Roma a Palazzo Chigi. L’indagine di approfondimento è stata condotta su un campione di 1.783 persone ed è rappresentativa su scala nazionale dei giovani tra i 19 e i 30 anni. L’impressione che emerge dallo studio condotta a fine 2014 è che in Italia ci sia una ampia domanda di partecipazione sociale dei giovani che non ha finora trovato adeguati strumenti di valorizzazione. I dati della ricerca del “Rapporto giovani” (www.rapportogiovani.it) confermano ulteriormente questa impressione arricchendo ulteriormente il quadro in relazione anche alle nuove proposte del Governo, in particolare al “Servizio civile universale”.
L’80% dei giovani del Centro-Sud lo consiglierebbe senz’ altro ad un coetaneo (la percentuale si abbassa di 12 punti percentuali nel Nord). Differenze simili emergono per genere: 80% per le femmine e 70% per i maschi. La maggioranza è disponibile a prenderlo personalmente in considerazione. I più disponibili sono le donne, chi risiede al Sud e gli under 25. In ogni caso chi si dice assolutamente non interessato è solo una stretta minoranza degli intervistati (11% al Nord, 4% al Centro e 3% al Sud).
Facile immaginare che i NEET (i giovani che non sono inseriti in nessun percorso di istruzione o formazione), secondo l’indagine, risultano essere i meno informati e un po’ meno convinti della ricchezza dell’impegno sociale, ma in ogni caso interessati al “Servizio Civile Universale”.