In una settimana abbiamo incontrato quasi la metà dei giovani che si sono candidati per i nostri progetti nel 2019: 12.000. Ognuno con una motivazione diversa, tutti con un unico desiderio: fare servizio civile.
Quando durante il colloquio mi parlano della riforma e della trasformazione da nazionale ad universale, da ieri gli spiego che non sarà così, che addirittura questo governo sta cancellando le importanti conquiste culturali di questi ultimi anni prevedendo nella legge di bilancio un dimezzamento dei fondi che permetterà a soli 25.000 giovani italiani ed europei di fare domanda il prossimo anno. Eppure sono dei giovani che mettono a disposizione il proprio tempo per dare concretezza ad un istituto della Repubblica, per realizzare un interesse dello Stato. Si candidano ad impegnarsi in progetti il cui obiettivo è “difendere la Patria senza armi”, ossia dare vita ad interventi che puntano a portare benessere sociale nelle nostre comunità. Non sono giovani che scelgono il divano, ma ragazzi che decidono di dedicare allo Stato un anno della propria vita, di andare ogni giorno, ogni giorno, in un’associazione o in un ente ed aiutarlo a realizzare le proprie attività.
Quanta positività c’è in un fenomeno del genere? Niente di più vicino a quanto professa il governo del cambiamento che, quando era all’opposizione, ha sostenuto attraverso i social le nostre battaglie per il rafforzamento di questa esperienza. Il nostro Ministro del Lavoro e del Welfare nel suo recente ed unico confronto con il Forum del Terzo Settore aveva affermato che non si sarebbero fatti passi indietro sulla riforma perché frutto di un dialogo con gli attori di questo mondo e che questo governo non avrebbe cancellato i risultati raggiunti. Ed allora come lo spiega il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio questo passo del gambero sul servizio civile? #IosostengoilServizioCivile.