Il 10 febbraio è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il decreto che disciplina il nuovo servizio civile con alcune significative novità. Prima fra tutte l’universalità dell’istituto, cioè la possibilità di partecipare per tutti i giovani di età compresa tra i 18 ed i 29 anni (non compiuti). Non più un’esperienza riservata a pochi, bensì un servizio civile che ambisce a diventare un “diritto” per tutte le future generazioni. Un obiettivo ambizioso che richiederà una forte capacità di programmazione per definire priorità d’intervento, numero di giovani da coinvolgere annualmente e ultimo, ma non ultimo, risorse finanziarie necessarie. Da qui la centralità della programmazione triennale – altra novità del Servizio Civile Universale – nell’organizzazione futura dell’istituto.
Grande attenzione è stata rivolta anche alle esigenze dei giovani. Per favorirne la crescita e la formazione è stata prevista la possibilità, all’interno del periodo di servizio, di fare un’esperienza di 3 mesi in uno dei paesi dell’Unione. La dimensione formativa si rafforzerà, quindi, attraverso la mobilità internazionale che tanto ha giovato ai ragazzi dell’Erasmus, anche nella ricerca di lavoro. Agli enti sarà affidata la responsabilità di ripensare i progetti con un occhio al sociale ed uno ai giovani e alla loro crescita. Anche professionale.
Gli enti potranno finalmente mettersi in rete, condividere risorse e competenze. Questa riforma non è un punto di arrivo, ma di partenza della sfida che l’Italia lancia all’Europa sul terreno dell’innovazione sociale. Il nostro mondo è pronto a confrontarsi, lo sono gli enti e lo sono i giovani italiani ed extracomunitari che, con questa riforma, potranno fare domanda per partecipare se regolarmente soggiornanti nel nostro Paese.
Ora che anche il Governo, dopo circa 80 giorni ha deciso di affidare la delega al Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, possiamo dire che tutti i tasselli sono al posto giusto. Noi siamo pronti.